La fuga degli sportivi. Ronaldo, Higuain… e Neymar che non si trova.
La fuga è la prima azione dettata dall’istinto. Una risposta ancestrale che resta un’ancora di salvezza alla minaccia della paura. Da ogni parte del mondo rimbalzano numeri sempre più allarmanti legati all’emergenza sanitaria internazionale e se, da una parte, l’OMS classifica l’avanzata del CoronaVirus come pandemia, dall’altra, c’è un mondo che galleggia in attesa di scoprire quale sarà il destino proprio.
Il mondo del calcio si è fermato, ma…
Il mondo del calcio si è fermato, forse colpevolmente in ritardo, ma non sembra volersi e potersi rassegnare ad uno stop troppo lungo. Da più parti viene indicato lo Stadio San Siro di Milano come il bacino di infezione italiano più importante. Poco più di un mese fa, il 19 febbraio, oltre 40.000 bergamaschi hanno riempito le tribune della stadio milanese per assistere a quella che era la sfida Champions dell’Atalanta.
Se da una parte è più che comprensibile la volontà del pubblico atalantino di assistere ad una sfida così importante, ha meravigliato la scelta della Uefa di permettere una “migrazione” di massa. La decisione del “Porte chiuse” arriverà solo il 9 Marzo.
Da quel 9 Marzo, nulla più è stato come prima e, temiamo, non lo sarà a lungo. Un continuo susseguirsi di annunci di positività al CoronaVirus di calciatori e tecnici professionisti, hanno riempito le colonne dei quotidiani e le cronache televisive. Da ogni parte del mondo calcistico sono arrivate notizie di contagio.
Ora a tenere banco nelle cronache sportive internazionali c’è un altro fenomeno che può, ulteriormente, amplificare le drammatiche dinamiche di questa pandemia.
La “fuga” degli sportivi
Per quanto possa sembrare il titolo di un film, tirato fuori dagli archivi di chissà quale cineteca, è la triste e cruda realtà. Per quanto comprensibile la volontà di ricongiungersi ai propri cari, tanto più in un momento come questo, la scelta di alcuni sportivi di ritornare in patria pare davvero fuori da ogni logica.
Ad aprire il capitolo “transumanza sportiva” ci ha pensato un simbolo del millennio come Cristiano Ronaldo. Necessità di stare vicino alla mamma malata, comprensibile quanto encomiabile, meno giustificabile.
Per continuare: la migrazione di massa del parterre bianconero con Pjanic, Khedira ed ultimo (in ordine squisitamente cronologico) Gonzalo Higuain, tutto questo nonostante la positività riscontrata in due compagni di squadra.
La sceneggiatura è la stessa: jet privato, pochi intimi, gravi motivazioni familiari e via…
Sia chiaro, nulla di illecito. Per tutti il tampone era risultato negativo ed erano “nel pieno diritto” di richiedere (ed ottenere) un permesso. Nessuna quarantena per la società torinese, ma solo l’indicazione di isolamento volontario.
Sulla questione juventina, duro è stato l’intervento della testata IlBianconero.com che ha titolato “Privilegi, mistero e il tradimento alla Juve: la vile fuga dei bianconeri all’estero” a firma di Stefano Agresti.
Niente di meglio in campo internazionale
Luka Jovic, astro serbo del Real Madrid se ne è tornato in patria. Deve essere forte il richiamo della terra serba, tanto che anche Ninkovic, da Ascoli, ha pensato bene di tornarsene a casa. Denuncia penale per entrambi, annuncia il ministro dell’interno Nebojsa Stefanovic, per violazione dell’autoisolamento.
E poi, Ibrahimovic e Leao dal Milan, rispettivamente in Svezia ed in Portogallo e con loro, la lista in ambito internazionale sarebbe lunghissima.
Parentesi a parte per la “questione francese”
Non è certamente questo il tempo di fare provincialismo, ma che i cugini transalpini credano di saperla sempre più lunga degli altri è agli occhi del mondo.
Dopo l’uscita quanto meno discutibile di Charlie Hebdo, dopo la deprecabile scena dello sputo sulla pizza, dopo la necessità di rivolgersi a “L’Armée de terre” per confinare i “disciplinati” cittadini nelle proprie case, ci si è messo il calcio.
Da una parte “Thiago Mendes, un altro brasiliano e un belga“, come riporta una nota della società del Lione, tornano alle rispettive famiglie; dall’altra, a minare tutte le certezze del mondo sportivo francese, ci hanno pensato gli assi del PSG.
Altra fuga, altro giro, altra corsa. Nemmeno a dirlo che il copione è lo stesso. Jet privato, pochi intimi, ma questa volta nemmeno l’esigenza di giustificare, come a scuola, che il cane che ha mangiato i compiti.
Ed ecco che i sud americani Cavani, Thiago Silva e, guarda un pò Neymar, prendono e volano nella calda America Latina.
Anche qui niente di strano, ma ancora più: niente di illecito. Fosse altro che da qualche giorno l’attaccante brasiliano sembra non essere più reperibile per il club parigino.
Ed ancora, la Federcalcio francese starebbe programmando la ripresa del campionato, da capire su quali ottimistiche previsioni epidemiologiche, bah, ma tant’è. Ed ecco, quindi, che i nodi verrebbero al pettine. Al momento la Francia ha chiuso le frontiere e sembra difficile pensare ad una deroga per consentire il rientro dei sud Americani (extracomunitari), sempre che rispondano alla chiamata.
Oltre qualsiasi ipocrisia sulla questione “dovrebbero dare l’esempio”, (non capisco nella realtà perché dovrebbero essere i calciatori a darlo) la domanda che mi sono fatto e rifatto in questi giorni è: con quali parole avremmo dovuto dire, ai circa 15.000 “rientrati dal nord”, che sarebbe stato meglio se fossero rimasti dove erano?