Dal taglio degli stipendi alla ripresa della Serie A, è sempre scontro tra società e calciatori
Calciatori e società si scontrano nuovamente sull’ipotesi di una ripresa del campionato: era già accaduto sulla questione del taglio degli stipendi
NAPOLI – Nubi tempestose si abbattono sull’ipotesi di una ripresa – e, di conseguenza, di una conclusione – del campionato di Serie A. Se la consegna del protocollo sanitario nelle mani dei ministri competenti sembrava poter essere la molla decisiva, la spinta ultima a un ritorno in campo quantomeno per gli allenamenti, in questi giorni si moltiplicano le uscite contrastanti tra i diversi attori che dovrebbero rimettere in moto l’ingranaggio del calcio professionistico; e l’ultimo scontro si è spostato su un piano decisamente insolito ma, in verità, verificatosi più volte in queste drammatiche settimane.
Dagli stipendi alla ripresa, continua lo scontro tra le società e i calciatori
Da una parte ci sono i calciatori, dall’altra le società. O meglio, alcune società. Ma la simbolica raffigurazione del dipendente che sfida il padrone regge piuttosto bene. Nelle ultime ore, infatti, è andato in scena un virtuale botta e risposta tra le due componenti. L’ennesimo dall’inizio dell’emergenza Coronavirus che ha messo in stand-by il calcio italiano. L’Aic (Associazione italiana calciatori), al termine del direttivo odierno, ha diramato una nota in cui ha espresso chiaramente la volontà che “è, e sarà sempre, quella di tornare al più presto in campo con le più ampie garanzie di sicurezza per tutti gli addetti ai lavori”. Specificando, inoltre, come “la volontà di tutti gli atleti e le atlete è di poter tornare a svolgere il proprio lavoro così come tante altre categorie professionali, senza apparire privilegiati o usufruire di corsie preferenziali sui controlli medico sanitari”. Una sottolineatura probabilmente necessaria alla luce dell’alto numero di tamponi che sarebbe necessario per gli atleti. Ma se i calciatori, attraverso il proprio sindacato, si sono mostrati piuttosto compatti sulla volontà di far riprendere il campionato, lo stesso non si può dire per le società che lo compongono. In una lettera indirizzata alla Figc, infatti, 8 club di Serie A hanno manifestato la loro contrarietà a un ritorno in campo. Si tratta, nello specifico, di Parma, Spal, Brescia, Torino, Sampdoria, Udinese, Genoa e Cagliari. “L’assunzione del rischio di un fatto non più imprevedibile potrebbe ricadere sul club che si è assunto il rischio di prosecuzione pur in presenza di un rischio incalcolabile”, si legge in uno dei passaggi del documento.
Non è la prima volta, come detto, che tra società e calciatori non c’è accordo su questioni fondamentali per il movimento. Già qualche settimana fa si erano manifestate importanti tensioni relativamente alla questione del taglio degli stipendi. In quella circostanza, infatti, i club di Serie A si erano accordati (all’unanimità) per una riduzione salariale da 1/6 a 1/3, in base ad una ripresa o meno del campionato. La risposta dei calciatori, anche in quel caso tramite l’Aic, fu decisamente piccata. Insomma, nell’inferno generato dall’emergenza Covid-19, non si può dire che gli attori principali – facenti parte, in teoria, di un corpo unico – abbiano contribuito a gettare acqua sul fuoco.