“𝗛𝗼 𝗿𝗲𝘀𝘁𝗶𝘁𝘂𝗶𝘁𝗼 𝗮 𝗗𝗶𝗲𝗴𝗼 𝗾𝘂𝗮𝗹𝗰𝗼𝘀𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗵𝗮 𝗮𝘃𝘂𝘁𝗼 𝗶𝗻 𝘃𝗶𝘁𝗮”. 𝗜𝗻𝘁𝗲𝗿𝘃𝗶𝘀𝘁𝗮 𝗮𝗹 𝗺𝗮𝗲𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗗𝗼𝗺𝗲𝗻𝗶𝗰𝗼 𝗦𝗲𝗽𝗲

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Diego Armando Maradona è stato per Napoli e l’Argentina il simbolo di un riscatto storico e sociale. Il condottiero, il capitano, il simbolo, l’icona. Diego (come i suoi tifosi lo chiamavano, come una persona di famiglia) era potenzialmente questo prima del suo approdo a Napoli e in due anni, dall’85 a l’87, è diventato molto di più. L’uomo che piegava la fisica, una corsa memorabile, l’aquilone cosmico e la “mano di Dio”. Il mito.

La rivalsa sociale per una città sempre al centro della cronaca nera, il riscatto del suo paese dopo gli anni della oscura dittatura militare, il quale proprio grazie a quei Mondiali dell’86 riuscì a ridare lustro al proprio popolo.


 

Da quel 25 novembre, il giorno del suo addio al mondo terrestre per quello celeste, l’onda emozionale è stata talmente forte che forse in molti ancora non ci credono alla sua scomparsa, ma l’amore porta a grandi cose come è successo al maestro Domenico Sepe, soprattutto dopo aver omaggiato il ricordo di Maradona visitando lo stadio.

Da quella notte, l’artista ha incominciato a “correre” per realizzare la sua opera che ha trovato compimento: una statua in onore a quello che è stato il migliore nel calcio.

Lo scultore ha da poco concluso gli ultimi dettagli della sua “creatura”, attirando nel corso dei lavori l’attenzione di tanti tifosi e istituzioni, regalando alla memoria di Diego un qualcosa di unico e a chi lo ha amato il ricordo di colui che ha portato la città in cima al mondo, battendo i più forti.

Abbiamo avuto il piacere di parlare proprio con l’autore della statua, reclamata dalla città di Napoli e abbiamo voluto ripercorrere le tappe di questa opera, su una forte onda emozionale e di istinto partita da quel 25 novembre, ancora in atto per regalare alla città l’omaggio che Diego merita.

 

 Cosa nasce nel cuore dello scultore Domenico Sepe appena muore Maradona? Quali onde emozionali investono l’artista?

 “La prima reazione è quella della perdita di una persona cara. Io per Maradona ho un legame di amore fortissimo perché grazie a lui ricordo le partite viste allo stadio insieme a mio padre, un grande affetto per quei momenti. Lui è stato la speranza per noi ragazzi che avevamo dei sogni per la squadra, per la città e con lui li si potevano realizzare. Subito dopo il dolore iniziale, ho avuto uno slancio emotivo, istintivo e in due notti ho incominciato a lavorare sulla scultura, realizzando i bozzetti. Da quel momento non ho avuto pausa”.

 

Cosa significa la morte di Maradona?

 “Per quello che purtroppo è successo, è stata la scintilla che mi ha acceso l’ispirazione, il fuoco e l’esigenza di fare qualcosa di importante per Diego e da lì è stato un lavoro continuo, una dedizione incessante per lui e il ricordo”.

 

Come è nata la scultura e quando ha incominciato ad attirare l’attenzione?

 “L’attenzione è nata proprio il giorno della morte di Diego, stampando una foto pubblicata su Facebook. Lui di spalle con la 10 e delle ali, ma poi le ali le ho fatte cadere volontariamente, perché lui è stato così veloce che è andato oltre il divino. Da lì, le persone sono state subito attirate dal lavoro, hanno chiesto dal primo momento cosa avrei fatto e dopo aver visitato lo stadio, davanti alla sua immagine mi sono ripromesso di fare qualcosa per ricordarlo. Da quel momento e non è mai successa una cosa del genere nella mia vita, ho incominciato a correre: lavorare giorno e notte, a volte senza neanche uscire dalla mia bottega per mangiare, staccare un momento e non mi sono mai fermato. Una forte dedizione al lavoro che stavo compiendo per Diego e al suo ricordo”.

 

Il richiamo popolare per Diego ha permesso al Comune di Napoli far cambiare il nome dello stadio di Fuorigrotta in quello del fuoriclasse. È così anche per quanto riguarda la statua?

 “Parto nel dirti che io rispetto le istituzioni. Sono andato al Comune di Napoli e ho comunicato il mio lavoro all’Assessore dello Sport Ciro Borriello, mostrando le foto della statua al momento dell’incontro. A loro volta mi hanno comunicato un contest sul tema organizzato dal Comune. Ovviamente è stato un incontro di conoscenza sull’opera, una passaggio comunque importante per tutti noi.
La mia intenzione è andare avanti, donare la statua al popolo napoletano e spero di poterlo fare in quella che è la casa di Maradona, lo stadio di Fuorigrotta che oggi porta il suo nome e nel quale lui ha scritto la storia della squadra e della città”.

 

Ha pubblicato su Facebook la fine del lavoro della statua. Nelle sue intenzioni, che tipo di omaggio è stato a Maradona e a Diego?

 “Ho voluto restituire a Diego qualcosa che non ha avuto in vita. Lui è scomparso da uomo solo e abbiamo avuto la conferma dopo la sua morte, in una vita difficile nella gestione dei rapporti e dei suoi problemi. Sportivamente è stato la rivalsa di tutti noi, il simbolo dei napoletani che trovavano gioia nel vederlo e vincendo, rilanciando il nome della città in un periodo storico difficile. Per me Maradona è stato il riscatto di tutti poveri, nel vero senso della parola”.

 

La voglio lasciare con un’ultima domanda: avendo lavorato sulla statua di Maradona per tanto tempo, quale è il suo stato d’animo dopo un mese dalla sua morte?

 “Ho finito il lavoro un paio di giorni fa, poi sarà in bronzo e pronta entro il 30 gennaio, quindi per l’inizio del nuovo anno. Dopo un mese posso dirti che sono felice di quel che ho fatto, è stato un lavoro duro nato da un forte desiderio, quindi anche distrutto psicologicamente e fisicamente, tutto dovuto a questo omaggio che gli ho voluto fare in questa corsa compiuta”.

Un omaggio che speriamo di vedere presto, fuori a quella che è stata l’arena del più grande giocatore, senza alcun dubbio il migliore nella sua disciplina sportiva.


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