Coppa Italia

Non siate razzisti verso i dilettanti del calcio

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I campionati professionistici sono prossimi alla ripartenza, ma il mondo dei dilettanti rischia di essere escluso da questo progetto. E non c’entra solo la sicurezza (che resta la chiave di volta).

NAPOLI – Da zero a cento. Senza voler rispolverare tormentoni estivi dalla dubbia longevità, l’incipit dà forma a un concetto essenziale. Non si arriva in cima senza partire dal punto più basso, equiparandone – di fatto – l’importanza. In qualsiasi ambito, in ogni successo (o insuccesso), quindi anche nella galassia del calcio. L’emergenza dettata dalla diffusione di Covid-19 in Italia ha bloccato progressivamente la terza industria del Paese e, se vogliamo, si è già manifestata una prima forma di “discriminazione” con lo stop imposto al comparto dei dilettanti e solo successivamente a quello dei professionisti. In verità, una scelta che ha unito sotto la stessa cupola gran parte delle federazioni europee. Quindi, a fermarsi è stato prima il movimento di base e poi quello di vertice, che – è bene sottolineare – genera un flusso di interessi politico-economici di altra portata. Il passato è passato, ma ora a preoccupare è lo scenario del calcio a due velocità che potrebbe manifestarsi nel futuro prossimo, dall’importanza strategica elevatissima e per il quale, a lottare, sembra esserci soltanto la governance della LND.

Senza girarci intorno, dando troppo peso alle (rispettabili) opinioni di chi vorrebbe incatenare le competizioni, questa stagione verrà portata a termine. Almeno per il professionismo. Da settimane, chi guida il movimento è in pressing costante sul governo centrale affinché venga dato il via libera alla ripresa dei tornei di Serie A, B e C. Addirittura, quella Coppa Italia che sembrava davvero poter essere annullata, dovrebbe fare da apri-pista all’annata 2019-2020 bis. Troppo importante concludere i tornei professionistici, per tutta una serie di ragioni che abbiamo già sciorinato durante il periodo di quarantena su queste colonne. La consegna del protocollo sanitario da seguire per ritiri, allenamenti e incontri è lo scacco matto che il calcio dà al Coronavirus; la mossa vincente (si spera) ma anche molto dispendiosa per chi dovrà metterla in atto.


E i dilettanti?

Per loro, per chi dà origine a tutto, non c’è stato molto spazio nei discorsi di chi sta progettando la ripresa del sistema calcio. Un sistema, sia chiaro a tutti, che non è solo contratti, sponsorizzazioni, diritti tv e incassi, ma anche aggregazione e punto di riferimento sociale. Il destino per chi si trova al di sotto della soglia del professionismo non solo è incerto, ma rischia concretamente di incanalarsi verso la direzione sbagliata; un percorso contro cui solo chi ha a cuore le sorti del calcio di base – su tutti il presidente della LND Cosimo Sibilia – si sta battendo. Va detto infatti che tutti i discorsi, le ipotesi, le azioni e i progetti intrapresi per far ripartire il mondo del pallone, pare siano stati intrapresi per farne ripartire una parte e solo una. Dalla ripresa a scaglioni all’introduzione dell’ormai celebre protocollo, il comparto dilettantistico non viene mai citato. Non sono forse in grado, i dilettanti, di rispettare le norme di sicurezza sanitaria per tornare in campo allo stesso modo dei professionisti? Ad oggi, probabilmente, no; come sottolineato poc’anzi, sarà economicamente parecchio dispendioso. Dalla sicurezza ai soldi (un bel po’ di soldi) il passo è brevissimo eppure necessario, perché proprio la sicurezza resta inevitabilmente la chiave di volta di questo discorso. Ma non sono pochi, tra i pro, a trovarsi nella stessa condizione (Serie C in testa); eppure, di riffa o di raffa, sarà dato loro modo di concludere la stagione. Se il movimento è chiamato a ri-mettersi in moto, tutti, non solo la LND, dovrebbero lavorare per assicurare la stessa possibilità anche a chi non fa parte dell’élite, senza escludere – d’ufficio – un grande protagonista dalla partita più importante del nostro calcio.


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